Gli orizzonti del crionicista
Longevità
X

Vota questo articolo

1 - Non mi è piaciuto | 5 - Molto buono!





Grazie per il vostro feedback!
Oops! Qualcosa è andato storto durante l'invio del modulo.

Non sei ancora pronto a iscriverti alla Crionica?

Sostieni la ricerca sulla biostasi diventando Tomorrow Fellow. Ottieni dei vantaggi e molto altro.
Diventa un Fellow

Come Il Freddo Può Salvare Delle Vite

Se controllata, l'ipotermia può aiutare a salvare delle vite. Scopri come!

Le basse temperature generano una serie di benefici per la salute. Quando la temperatura è bassa il cervello funziona meglio, si dorme meglio, il corpo combatte meglio le infezioni e le infiammazioni (proprio come gli impacchi di ghiaccio riducono il gonfiore e il dolore). Inoltre, inducendo la vasocostrizione, la pelle ha un aspetto più sano e più giovane. Come se non bastasse, in alcuni casi le basse temperature possono anche salvare vite. Diamo un’occhiata ad alcuni incredibili casi medici e accidentali in cui l’abbassamento della temperatura corporea ha salvato delle persone dalla morte.

Terapia di raffreddamento a circa 33°C

Nel 2012, Zach Conrad, un manager finanziario di 36 anni degli Stati Uniti, ebbe un attacco cardiaco mentre era in giro in bici. Negli Stati Uniti avvengono ogni anno più di 356.000 arresti cardiaci fuori dalle strutture ospedaliere. Circa il 90% degli arresti che vengono trattati con tecniche di rianimazione “tradizionali” finiscono per essere fatali. Normalmente (se consideriamo “normale” ciò che la tecnologia medica è attualmente in grado di fare) Zach sarebbe probabilmente morto. Tuttavia, negli ultimi anni diversi ricercatori stanno lavorando a nuove tecniche di rianimazione. A Zach capitò di avere un infarto “nel posto giusto” per due motivi:

  1. Innanzitutto, crollò davanti a un’infermiera del pronto soccorso che in pochi secondi eseguì la rianimazione cardiopolmonare (RCP). In tal modo riuscì a prevenire l’ischemia (la mancanza di flusso sanguigno verso il cervello) riducendo i danni cerebrali.
  2. Inoltre, ebbe l’arresto cardiaco in prossimità dell’ospedale Penn Medicine, un centro che aveva messo in atto una nuova procedura all’avanguardia chiamata ipotermia terapeutica.

All'ospedale, Benjamin Abella, il direttore della ricerca clinica del Centri di Riamimazione, ordinò di sottoporre Zach ad una terapia di raffreddamento di 24 ore. Abbassando la temperatura corporea di soli 4 gradi Celsius, i medici riuscirono a ridurre l’infiammazione e rallentare il metabolismo. Questi fattori permisero al corpo di riprendersi meglio rispetto a come si sarebbe ripreso a una temperatura normale. Per circa una settimana, Zach rimase in uno stato di coma farmacologico, durante il quale ricevette assistenza post-arresto cardiaco: supporto della pressione sanguigna, cateterismo cardiaco e ventilazione meccanica.

La tempestiva rianimazione cardiopolmonare con successivo raffreddamento del corpo hanno permesso di ridurre al minimo i danni cerebrali. Sebbene Zach al risveglio avesse perso due anni di memoria (pensava fosse il 2010), in breve tempo il suo cervello fu in grado di recuperare gran parte delle informazioni. Se questa tecnologia innovativa non fosse ancora esistita, probabilmente Zach non sarebbe sopravvissuto.

L’ipotermia terapeutica oggi

Il termine “ipotermia terapeutica” ha acquisito un certo valore medico solo negli ultimi anni. Eppure, vi sono diversi riferimenti storici sull’uso delle basse temperature per il trattamento di varie malattie. Si crede che lo stesso Ippocrate (circa 450 a.C.) avesse consigliato di impacchettare nella neve i soldati feriti.

Le tecniche moderne di ipotermia terapeutica per i pazienti in arresto cardiaco si sono sviluppate lentamente dall’anno 2000. In quell’anno, il New England Journal of Medicine pubblicò i risultati di uno studio clinico che mostrò come i pazienti sottoposti a questo trattamento avessero migliori possibilità di sopravvivenza a breve e a lungo termine, oltre che migliori esiti a livello neurologico. Questa tecnica non è stata ancora perfezionata: il metodo ottimale di raffreddamento e la temperatura perfetta in base alle specificità di ciascun paziente sono ancora da determinare.

tecniche di ipotermia terapeutica
Come viene comunemente indotta l’ipotermia terapeutica – Crediti immagine: health.howstuffworks.com

Per capire come funziona l’ipotermia terapeutica, partiamo dal principio. Perché i nostri corpi hanno bisogno di ossigeno? Quando respiriamo, l’ossigeno entra nei nostri polmoni e da lì raggiunge, tramite il flusso sanguigno, ciascuno dei nostri 37 trilioni di cellule. Grazie all’ossigeno, le cellule possono scomporre i nutrienti e ricavare l’energia necessaria per sopravvivere. Nel momento in cui i nostri polmoni smettono di fornire ossigeno a sufficienza, le cellule necessitano di una via alternativa per soddisfare la domanda energetica, altrimenti iniziano gradualmente a morire. L’ipotermia rallenta il tasso metabolico (e pertanto il bisogno di ossigeno) del 5%-7% per ogni grado Celsius in meno. In poche parole, quando il nostro cervello è in difficoltà e riceve meno ossigeno, possiamo mettere il corpo in una condizione in cui riesce ad essere funzionale con una minore quantità di ossigeno. Se eseguito correttamente, possiamo prevenire la morte delle cellule cerebrali e ridurre, se non completamente evitare, i danni al cervello.

Ipotermia accidentale a 13,7°C

L’ipotermia terapeutica è una pratica medica controllata. Tuttavia, ci sono stati casi di ipotermia accidentale nei quali le basse temperature hanno permesso ad alcune persone di sopravvivere. Vediamo un caso in particolare.

Nel maggio 1999, Anna Bågenholm, una radiologa svedese di 29 anni, cadde in un lago ghiacciato durante una gita in Norvegia. I suoi amici cercarono di tirarla fuori dall’acqua gelida senza successo. La squadra di soccorso li raggiunse solo 80 minuti dopo l’incidente, e quando riuscirono a tirarla fuori dal lago, Anna era clinicamente morta. Il suo cuore non batteva e lei non respirava. Il corpo era a 13,7°C (23 gradi in meno di quello che sarebbe stato in condizioni ottimali). “Aveva le pupille completamente dilatate. Era di color cenere, bianco lino. Era bagnata. La pelle era gelida e sembrava assolutamente morta”, disse il responsabile del dipartimento medico di emergenza, Mads Gilbert in un'intervista alla CNN.

Prima di dichiararla legalmente morta, i medici decisero di riscaldarla. C’era infatti la possibilità che la bassa temperatura avesse rallentato il suo cervello al punto da poter sopravvivere con la poca quantità di ossigeno che aveva a disposizione (una piccola sacca d’aria sotto lo strato di ghiaccio). Un cervello può normalmente sopravvivere per pochi minuti senza ossigeno prima che si verifichino danni irreversibili. Più è bassa la temperatura, più rallenta il metabolismo e diminuisce la quantità di ossigeno necessaria.

Utilizzando una macchina cuore-polmone, i medici pomparono il sangue fuori dal corpo per riscaldarlo prima di portarlo nuovamente in circolo. Diverse ore dopo, la sua temperatura cominciò a risalire gradualmente. Dopo circa un giorno, il suo cuore iniziò a battere di nuovo, e dopo 12 giorni si svegliò. Il suo cervello non era stato danneggiato, a differenza dei suoi nervi, per cui le ci volle circa un anno per potersi muovere e camminare nuovamente.

lago ghiacciato
Dopo essere caduta in un lago ghiacciato, il cervello di Anna Bågenholm resistette per 80 minuti con pochissimo ossigeno

Esito medico del caso di Anna Bågenholm

Prima di questo evento, nessun paziente era sopravvissuto alla morte per congelamento presso l’Ospedale Universitario della Norvegia del Nord (dove venne trattata Anna). Ma tra il 1999 e il 2013, 9 pazienti su 24riuscirono a sopravvivere all’arresto cardiaco ipotermico.

Questi casi, insieme ad altre ricerche mediche, influenzano lo sviluppo di tecnologie che fanno uso di basse temperature per salvare vite (come l’ipotermia terapeutica). Come abbiamo visto, la morte è un processo che degrada gradualmente le cellule del corpo. Quando siamo caldi, questo processo si verifica in pochi minuti. Quando invece riduciamo la temperatura anche di pochi gradi, il processo rallenta. Abbassando la temperatura corporea di alcuni gradi, potremmo avere qualche ora in più per salvare i pazienti che si trovano in condizioni critiche. Abbassando ulteriormente la temperatura, potremmo quindi bloccare completamente il processo di degradazione e avere a disposizione anni per salvare un paziente?

Criopreservazione a -196°C

È qui che entra in gioco la criopreservazione umana, anche conosciuta come biostasi. La criopreservazione umana è una procedura medica avanzata che, tramite l’uso di temperature criogeniche molto basse, può conservare un corpo per tutto il tempo necessario, che siano decenni o persino secoli. Potresti chiederti: perché potremmo avere bisogno di secoli per curare un paziente? La risposta è semplice.

Al giorno d’oggi, la gente muore di malattie incurabili che in futuro potrebbero essere trattate. La criopreservazione ci dà una possibile soluzione a questo gap temporale. Abbassando la temperatura corporea (fino a -196°C) e mettendo completamente in pausa il processo metabolico dopo la morte clinica e legale, possiamo preservare un corpo fino al giorno in cui non sarà possibile curarlo (e ovviamente invertire la criopreservazione). Le cellule, che in questo stato non richiedono ossigeno, non si degradano e non muoiono, come accadrebbe invece a temperature normali. Nel futuro, quando la tecnologia medica sarà in grado di curare la causa della morte legale, i pazienti criopreservati potrebbero essere gradualmente “riscaldati”, trattati e rianimati, e avere quindi una “seconda possibilità” nella vita. Oggi questa è ovviamente solo un’eventualità, dal momento che si fa affidamento ad una tecnologia futura avanzata non ancora disponibile.

Conclusione

Nei casi visti, diverse persone sono sopravvissute grazie alle azioni del personale medico, il quale ha provato a superare i limiti imposti dalla tecnologia medica dell’epoca. Queste persone fortunate hanno avuto la possibilità di vivere più a lungo perché i medici e gli infermieri non si sono fermati a ciò che era considerata la “norma”.

Anche noi di Tomorrow Biostasis non vogliamo fermarci. In futuro potremmo curare malattie che attualmente non sono curabili, consentendo ai pazienti di vivere più a lungo. Se sei interessato alle potenzialità della tecnologia della biostasi, sentiti libero di prenotare una chiamata. Se vuoi unirti alla nostra comunità e incentivare ulteriormente la ricerca, iscrivetevi qui!

Tomorrow Bio è il provider di criopreservazione umano in più rapida crescita al mondo. I nostri piani criopreservazione all inclusive partono da soli 31€ al mese. Per saperne di più qui.
TAG:
Scienza