La crioconservazione mira a fermare il tempo biologico. Per farlo, deve raggiungere una temperatura alla quale il movimento molecolare, e quindi tutti i processi chimici e biologici che determinano il decadimento, cessa effettivamente. Questo punto si trova molto al di sotto della temperatura di congelamento dell'acqua e persino al di sotto dell'intervallo utilizzato per la maggior parte della conservazione biologica. La temperatura di -196 gradi Celsius, il punto di ebollizione dell'azoto liquido, è diventata lo standard perché offre sia la stabilità fisica che la conservazione biologica in una scala che nessun altro ambiente può fornire.
Alle normali temperature di congelamento, la formazione di cristalli di ghiaccio danneggia cellule e tessuti. L'acqua si espande quando si congela, rompendo le membrane e distorcendo le strutture molecolari. La crioconservazione evita questo fenomeno grazie alla vetrificazione, un processo in cui l'acqua cellulare viene sostituita con agenti crioprotettivi e raffreddata così rapidamente da solidificarsi in uno stato simile al vetro invece che al ghiaccio cristallino. Al di sotto di circa -130 gradi Celsius, la temperatura di transizione vetrosa, questo stato vetrificato si blocca. A questo punto, il movimento molecolare e le reazioni chimiche rallentano a tal punto che il materiale biologico diventa effettivamente senza tempo.
Mantenere la stabilità al di sotto di questa soglia è essenziale. Se le temperature si avvicinano troppo al punto di transizione vetrosa, la struttura simile al vetro potrebbe parzialmente rilassarsi o ricristallizzarsi, causando danni. Conservando il materiale conservato a -196 gradi Celsius, il sistema rimane molto al di sotto di questo limite, offrendo un ampio margine di sicurezza e garantendo che i tessuti vetrificati rimangano strutturalmente stabili a tempo indeterminato.
L'azoto liquido viene utilizzato per raggiungere e mantenere questo ambiente perché è un elemento naturale e straordinariamente efficiente. Quando bolle, mantiene una temperatura costante di -196 gradi Celsius, fornendo un tampone termico autoregolante. Questo permette alla conservazione criogenica di rimanere stabile senza refrigerazione attiva o elettricità . I pazienti e i campioni biologici sono conservati in vasche isolate sottovuoto, che riducono al minimo il trasferimento di calore e richiedono solo il rifornimento periodico dell'azoto perso per lenta evaporazione.
A questa temperatura, la degradazione biologica si arresta completamente. L'attività enzimatica, la crescita microbica e le reazioni molecolari spontanee si fermano. I legami che costituiscono l'architettura del corpo e del cervello rimangono intatti, preservando le informazioni codificate nelle loro strutture. La scelta di -196 gradi Celsius non è quindi arbitraria, ma riflette il punto in cui fisica, chimica e biologia convergono: dove la materia rimane stabile, le informazioni intatte e il tempo stesso, per il paziente conservato, si ferma.