La biostasi Umana (ovvero tramite crioconservazione, solitamente chiamata criogenia) è stata eseguita nel 1967 sul Dr. James Bedford, dopo la sua morte per cancro ai reni. Da allora, 559 persone sono state crioconservate dopo la loro morte (legale) e oltre 4000 hanno firmato per essere crioconservate in futuro. Praticamente tutte le persone che si iscrivono lo fanno con l’assunto che, se il proprio cervello viene conservato in buone condizioni, allora “loro stessi” sono conservati: i loro ricordi, la loro personalità, la loro identità e la loro coscienza. E che, potenzialmente, potranno essere rianimati quando la tecnologia medica sarà sufficientemente avanzata.
Anche se oggi è possibile scegliere la crioconservazione – solitamente tramite un accordo di donazione del corpo alla scienza come scelta di fine vita – non è ancora possibile invertire il processo e rianimare qualcuno dallo stato di criostasi. Le previsioni su se e quando questo potrà diventare possibile spaziano dal probabile all’impossibile, e da qualche decennio fino a migliaia di anni, ma nessuna di queste stime si basa su argomentazioni bottom-up parzialmente affidabili.
Nonostante ciò, un gruppo crescente – anche se lentamente – di persone sceglie questa opzione, con l’argomentazione che le altre scelte di fine vita (soprattutto la cremazione e la sepoltura) non offrono alcuna possibilità di continuare o riprendere a vivere in futuro.
Molto è stato scritto sull’argomento, ma le considerazioni etiche e morali hanno ricevuto finora un’attenzione piuttosto limitata, fatta eccezione per alcune discussioni di alto livello. In questo articolo ci concentriamo sulla moralità dell’offrire la crioconservazione umana (o altri tipi di biostasi), cioè: è giusto offrire oggi la crioconservazione umana nonostante i limiti attuali? E se sì, quali responsabilità e principi guida dovrebbe avere chi la offre?
Per iniziare, riassumeremo brevemente come funziona la crioconservazione, lo stato attuale della scienza, e perché al momento non è possibile la rianimazione.
Criopreservazione umana
La crioconservazione umana è una procedura medico-scientifica avanzata che utilizza agenti crioprotettivi e temperature estremamente basse per conservare un corpo riducendo al minimo i danni. In teoria, un corpo potrebbe rimanere in questo stato indefinitamente senza subire degrado significativo.
Le procedure esatte utilizzate per la crioconservazione di un paziente possono variare a seconda delle circostanze individuali (es. condizioni del paziente prima della dichiarazione di morte o tempo trascorso tra la dichiarazione di morte e l'inizio della procedura).
La logica fondamentale è la seguente: quando il cuore di una persona smette di battere, le sue cellule smettono di ricevere ossigeno. In molte condizioni, il corpo può sopravvivere solo circa 4 minuti senza ossigeno prima che si verifichi un danno cerebrale (attualmente) irreparabile.
Tuttavia, abbassando la temperatura corporea si riduce il metabolismo e quindi anche il bisogno di ossigeno da parte delle cellule. Questo è dimostrato da casi come quello di Anna Bågenholm, sopravvissuta a un arresto circolatorio di 40 minuti in un lago ghiacciato senza gravi conseguenze.
Man mano che la temperatura del corpo diminuisce, il metabolismo rallenta fino a fermarsi quasi del tutto. Una volta che la temperatura scende al di sotto del cosiddetto punto di transizione vetrosa (glass transition temperature), e se è stato usato un agente crioprotettivo, un paziente può rimanere conservato senza ulteriori danni per periodi estremamente lunghi.
Raggiungere e mantenere questo stato con il minimo danno possibile è l’obiettivo principale della prima fase della crioconservazione. La seconda fase è la rianimazione, qualora e quando sarà possibile.
Lo stato attuale della scienza della Crioconservazionee
Secondo gli standard attuali, le prime crioconservazioni erano piuttosto rudimentali. Si trattava tutte di “congelamenti diretti”: i pazienti venivano raffreddati fino alla temperatura dell’azoto liquido senza l’uso di agenti crioprotettivi (una sorta di antigelo medico), il che causava una significativa formazione di cristalli di ghiaccio in tutto il corpo.
Da allora, le procedure si sono evolute notevolmente. Oggi, il sangue del paziente viene rimosso e sostituito con agenti crioprotettivi specializzati (CPA), che abbassano il tasso critico di raffreddamento – ovvero la velocità necessaria per evitare la formazione di ghiaccio. I CPA sono iperosmolari, cioè attirano acqua dai tessuti circostanti. In condizioni ideali, ciò consente di ottenere una crioconservazione con formazione minima o addirittura trascurabile di cristalli di ghiaccio.
Poiché i CPA sono tossici, inizialmente vengono somministrati a concentrazioni molto basse. Mentre la temperatura del paziente viene gradualmente abbassata (e con essa il metabolismo), la concentrazione di CPA viene aumentata per ridurre la tossicità.
Dopo la perfusione, la temperatura viene ulteriormente abbassata. Intorno ai -130 °C viene superato il punto di transizione vetrosa e i tessuti diventano vitrificati, ovvero in uno stato amorfo simile al vetro. Successivamente, la temperatura viene abbassata fino a -196 °C (o -140 °C in caso di conservazione a temperatura intermedia), in un processo che può durare giorni o settimane, per minimizzare lo stress termico. Alla fine, il corpo viene posto in un dewar criogenico per la conservazione a lungo termine.
Sebbene al momento sia impossibile rianimare un paziente crioconservato, alcune ricerche suggeriscono che la criogenia potrebbe funzionare in futuro. I ricercatori sono riusciti a crioconservare e poi rianimare il verme C. elegans, che ha mostrato evidenti segni di conservazione della memoria. Inoltre, un rene di coniglio è stato crioconservato, riscaldato e trapiantato con successo – un esperimento recentemente replicato anche su un ratto.
Nonostante ciò, è necessario sottolineare che resta del tutto speculativo stabilire se, quando, e in che stato i pazienti crioconservati potranno essere rianimati.
Affinché la rianimazione sia possibile, occorre risolvere numerosi problemi fondamentali e dettagliati: formazione di ghiaccio, tossicità, tecnologia di riscaldamento, riparazione cellulare e molecolare. Ovviamente, ci potrebbero anche essere dei “sconosciuti sconosciuti”, cioè caratteristiche biologiche che devono essere preservate – o che oggi non sappiamo ancora di dover preservare – per rendere la rianimazione possibile.
Il libro Cryostasis Revival: The Recovery of Cryonics Patients through Nanomedicine scritto da Robert A. Freitas Jr. è consigliato per chi desidera approfondire ciò che sarebbe necessario per rendere la rianimazione possibile e come potrebbe essere tecnicamente realizzata
(vedi: alcor.org/cryostasis-revival).
Poiché non è chiaro se i pazienti crioconservati potranno mai essere rianimati, sorge la domanda se sia eticamente giusto offrire l’opzione della crioconservazione. E se sì, in che modo?
La criogenia è un “ultimo tentativo"
Prima di tutto, è importante sottolineare che la crioconservazione viene offerta solo come ultima risorsa. Viene effettuata esclusivamente dopo la dichiarazione legale di morte, quando tutti gli altri interventi medici hanno fallito nel mantenere in vita il paziente.
Esistono alcuni precedenti medici e legali che trattano decisioni in situazioni simili. Sebbene non siano direttamente comparabili, offrono indicazioni su come comportarsi in questi casi. Il principio del Compassionate Use (a volte chiamato accesso ampliato, accesso anticipato, ecc.) permette alle persone con condizioni gravi o potenzialmente letali di accedere a trattamenti medici non ancora approvati. In alcuni paesi europei (Germania, Regno Unito, Austria, Spagna, ecc.) lo Stato è persino obbligato a coprire i costi del trattamento sperimentale per coloro che soddisfano determinati criteri. Negli Stati Uniti, il Right to Try Act stabilisce un precedente simile, offrendo ai pazienti terminali il diritto di accedere a molti trattamenti che non hanno ancora completato il processo di approvazione della FDA.
Anche se questi esempi prevedono un certo grado di regolamentazione e di iter autorizzativi, si può sostenere che la crioconservazione umana rientri in una logica simile. In linea di principio, dovrebbe essere la persona a decidere quale opzione potenzialmente salvavita desideri tentare, quando tutte le altre alternative hanno fallito.
Inoltre, nel caso della crioconservazione, non vengono utilizzati fondi pubblici (in nessun paese) per finanziare la procedura: il costo ricade interamente sull’individuo che sceglie di sottoporvisi.
Questo diritto è stato riconosciuto anche da sentenze legali in alcuni paesi. Ad esempio, una decisione dell’Alta Corte del Regno Unito ha concesso a una ragazza di 14 anni in fase terminale il diritto di essere crioconservata, contribuendo così a creare un precedente legale che riconosce la crioconservazione come valida opzione di fine vita.
Infine, soprattutto nei paesi occidentali, la società si fonda sul concetto fondamentale che ogni individuo possa fare un’ampia gamma di scelte, purché non danneggino gli altri. Dato che la crioconservazione coinvolge esclusivamente le finanze e il corpo della persona che sceglie di sottoporvisi, essa ha un impatto estremamente limitato sugli altri individui o sulla società nel suo complesso.
Fattori da Considerare
Consenso informato
Un principio fondamentale dell'etica e del diritto medico è il consenso informato, secondo cui un paziente deve disporre di informazioni e comprensione sufficienti prima di prendere decisioni riguardo alla propria assistenza sanitaria. Ciò include la comprensione e il consenso a:
a) la natura della procedura,
b) i rischi e i benefici della procedura,
c) le alternative ragionevoli,
d) i rischi e i benefici delle alternative.
Per le procedure sperimentali non standard, garantire il consenso informato è particolarmente importante. La crioconservazione rientra chiaramente in questa categoria.
Perché il consenso informato sia valido nel caso della crioconservazione, il membro/paziente dovrebbe comprendere quanto segue:
- Nessuno può dire se o quando sarà possibile il risveglio dalla crioconservazione, o se sia possibile in linea di principio.
- Anche se il risveglio fosse possibile in linea teorica, la qualità individuale della conservazione potrebbe essere bassa, l’organizzazione potrebbe cessare di esistere, potrebbero esserci rischi esterni, ecc. che impediscano la rianimazione del paziente.
- Anche se il risveglio fosse possibile, potrebbero esserci limitazioni fisiche o mentali causate dalla procedura di crioconservazione o dalla rianimazione.
- La crioconservazione è costosa e deve essere pagata di tasca propria.
- Come funziona la procedura, incluso lo stoccaggio a lungo termine e il potenziale risveglio.
- Le persone che scelgono la crioconservazione hanno una responsabilità rilevante nel garantire che essa venga eseguita correttamente e con elevata qualità.
Garantire il consenso informato non è responsabilità delle persone che si iscrivono, ma dell’organizzazione che fornisce il servizio. Proprio come un medico è tenuto a garantire il consenso informato per una procedura medica.
Nel caso della crioconservazione, il consenso informato è complesso poiché rischi e benefici possono essere solo stimati. Non sarà possibile fornire descrizioni complete dei rischi e benefici per decenni; potrebbe esserlo solo dopo che alcuni risvegli siano stati effettivamente realizzati. Anche se questo rende più difficile garantire il consenso informato, non è sostanzialmente diverso dal consenso informato nei casi di Compassionate Use o del Right to Try Act, dove non esistono informazioni certe sugli esiti.
Da un punto di vista pratico, garantire il consenso informato per la crioconservazione è un processo a più fasi che attualmente non segue prassi generalmente accettate come avviene in medicina (dove sono anche legalmente richieste).
Proponiamo di combinare i seguenti metodi:
- Fornire informazioni complete ma facili da comprendere che descrivano il processo, i rischi interni ed esterni, i benefici e i possibili scenari di fallimento. (Esempio: https://www.tomorrow.bio/informed-consent)
- Offrire la possibilità di approfondire se rimangono domande.
- Cercare di avere conversazioni personali individuali con le persone interessate all’iscrizione, per comprendere il loro stato mentale e il livello di comprensione del tema.
- Includere le informazioni rilevanti nel contratto di crioconservazione o come allegato.
- Non affermare né implicare esplicitamente che la crioconservazione sia altro che una possibilità di risveglio futuro (non suggerire nemmeno che il successo sia probabile/certo/garantito…).
- Assicurarsi che sia compreso che probabilità e tempistiche sono sconosciute.
La chiave sta nella combinazione. Uno o due di questi elementi non dovrebbero essere considerati sufficienti. Tutte le opzioni dovrebbero essere offerte e, tranne le conversazioni personali (che sono difficili da rendere obbligatorie), dovrebbero essere richieste.
Costo
Nel passato, nel presente e, sfortunatamente, probabilmente anche in futuro, la crioconservazione è proibitivamente costosa per una grande parte della popolazione. Il costo per una conservazione integrale del corpo si aggira intorno ai 200.000 EUR/USD, a seconda del fornitore. Esistono opzioni più economiche, ma queste, almeno in media, compromettono la qualità — il che non dovrebbe essere la soluzione al problema dell’elevato costo. Altre opzioni che conservano solo il cervello o la testa costano tra i 60.000 e i 90.000 EUR/USD.
Si pongono quindi due domande fondamentali in merito al costo:
a) È lecito che una persona spenda ingenti somme per la propria crioconservazione, quando altre cause potrebbero generare più anni di vita aggiustati per qualità (QALYs)?
b) Quale responsabilità ha un fornitore di crioconservazione rispetto al costo?
(Nota: sono stati avanzati argomenti secondo cui la crioconservazione potrebbe portare anche a un grande aumento dei QALYs.)
Nel campo medico, si discute da tempo su quanto una società possa o debba pagare per prolungare la vita in caso di malattie terminali. Attualmente, nella maggior parte delle società occidentali, si tende a spendere somme significative, con una grande percentuale delle spese mediche concentrate negli ultimi anni di vita.
Oltre a queste spese coperte direttamente dalla società (es. attraverso il sistema sanitario pubblico), è generalmente accettato che una persona possa spendere, per esempio, tutto il proprio denaro nel tentativo di prolungare la vita con trattamenti sperimentali in caso di malattie terminali. In termini più generali, si ritiene che spetti all’individuo decidere come spendere i propri soldi.
Finché consideriamo accettabile finanziare di tasca propria trattamenti sperimentali contro il cancro o — come esempio più “estremo” — acquistare una seconda auto di lusso, la crioconservazione dovrebbe essere considerata anch’essa lecita. Non tutti potrebbero ritenerla “necessaria”, proprio come una seconda auto, ma la maggior parte la considera accettabile. D’altro canto, si può affermare che la crioconservazione non dovrebbe essere coperta da sistemi sanitari pubblici o equivalenti finché non sia dimostrata l’efficacia. I sistemi pubblici dovrebbero mirare a ottimizzare i risultati medi (es. misurati in QALYs) con elevati standard di prova.
A prescindere da questi punti, è fondamentale abbassare il costo della crioconservazione. Così come è inaccettabile (ma per ora quasi inevitabile) che alcuni trattamenti medici siano accessibili solo ai ricchi, è inaccettabile che la crioconservazione richieda un patrimonio personale considerevole. Idealmente, la scelta della crioconservazione dovrebbe essere una decisione puramente individuale, presa dopo aver valutato vantaggi e svantaggi all’interno del proprio sistema di valori.
Purtroppo, è probabile che questo ideale non sia raggiungibile pienamente per molti anni, se non decenni. In linea teorica, la crioconservazione potrebbe essere eseguita a costi molto bassi se realizzata su larga scala, ma la scala è il problema principale. Attualmente, meno di 50 crioconservazioni vengono effettuate ogni anno da tutti i fornitori di crioconservazione nel mondo. Ben al di sotto di quanto necessario per ridurre i costi in modo significativo.
Piccola digressione: i quattro costi principali della crioconservazione sono:
- i costi medici/SST,
- l’azoto liquido,
- il personale per mantenere la conservazione a lungo termine,
- i costi proporzionali delle infrastrutture di stoccaggio.
A lungo termine, con centinaia o migliaia di conservazioni effettuate in una stessa regione (es. Europa), tutti questi costi possono ridursi di un ordine di grandezza. Il costo pro capite dell’azoto liquido cala se si usano contenitori più grandi (o ambienti dedicati), il team medico/SST e il personale di struttura vengono suddivisi su più pazienti, e le infrastrutture sono costi quasi una tantum, con costi marginali minimi per ogni ulteriore paziente crioconservato.
Di fatto, dobbiamo presumere che la scala non porterà a una riduzione significativa dei costi nel breve termine. Tuttavia, dovrebbe essere responsabilità di un fornitore di crioconservazione cercare di rendere il servizio accessibile indipendentemente dalla ricchezza.
Esistono tre strade fondamentali per abbassare i costi:
- Crescere il più velocemente possibile per raggiungere la scala necessaria.
- Adattare procedure/modelli senza una riduzione rilevante della qualità, secondo le migliori stime disponibili. Alcuni approcci esistono già e dovrebbero essere adottati dai fornitori di crioconservazione.
- Offrire opzioni a basso costo come la conservazione solo cerebrale o neuroconservazione.
- Adottare un modello basato sul reddito, in cui le crioconservazioni siano sovvenzionate da membri molto benestanti.
- Accettare o sostenere casi pro bono (basati sul reddito), a condizione che non ci sia impatto sulla stabilità a lungo termine dell’organizzazione (es. tramite stoccaggio presso strutture di terze parti finanziate da donazioni).
Adattare procedure con possibile riduzione della qualità di conservazione: alcuni tipi di conservazione possono essere realizzati con costi a partire da 10.000 EUR, ma solo con una riduzione significativa (in media) della qualità e con fondi limitati per la manutenzione a lungo termine. Con maggiori risorse, la qualità può aumentare gradualmente, con uno dei punti critici tra i 30.000 e i 50.000 EUR, a seconda della distanza dal centro di crioconservazione.
Poiché non sappiamo quale livello di danno sarà riparabile in futuro, né come appariranno in dettaglio gli scenari di risveglio (il libro Cryostasis Revival di Robert Freitas offre alcune indicazioni positive), si può sostenere che le crioconservazioni dovrebbero comunque essere effettuate anche con qualità inferiore all’ideale, se non esistono altre opzioni realistiche.
La questione complessa è come garantire il consenso informato. Deve essere chiaro che una diminuzione della qualità potrebbe essere assolutamente dannosa, e che alcuni ricercatori potrebbero considerarla sufficiente a rendere impossibile il risveglio. Questa opzione probabilmente non dovrebbe essere offerta se lo scopo è semplicemente “risparmiare denaro”, ma solo se la conservazione altrimenti non sarebbe possibile.
Comunicazione pubblica / Attività di "Marketing"
Se consideriamo la questione da un punto di vista etico, offrire servizi di crioconservazione è diverso dal promuoverli attraverso il marketing. Infatti, il marketing nel senso tradizionale di "convincere qualcuno a fare qualcosa" non dovrebbe essere praticato affatto, poiché sarebbe in contrasto con il principio del consenso informato. Il “marketing” dovrebbe invece concentrarsi sull’informare in modo generale sull’argomento, sulla disponibilità del servizio e sull’essere disponibili per discussioni e domande.
Come regola generale, più grande è il pubblico, più restrittive dovrebbero essere le attività, anche in base ai canali utilizzati. Ad esempio, nei canali di performance (come Google Ads), in base alla selezione delle parole chiave e al targeting, si può presumere che le persone che cercano l’argomento abbiano già una certa conoscenza pregressa, utile per prendere una decisione consapevole. Mentre nei canali a larga diffusione come la TV o le PR, si deve presumere che molte persone sentano parlare dell’argomento per la prima volta (almeno in modo concreto), il che richiede un approccio comunicativo ancora più neutro.
Rimane la domanda se le informazioni complete per il consenso informato debbano essere incluse direttamente nella comunicazione pubblica/marketing, o se sia sufficiente garantirle nel momento in cui si formalizza un contratto. Qualsiasi tipo di comunicazione pubblica probabilmente non dovrebbe essere del tutto priva di elementi riconducibili al consenso informato.
Ciò è particolarmente importante nel caso di canali a vasta portata. Esiste un precedente nella medicina, con un’ampia gamma di approcci diversi nei vari Paesi. In alcuni, la pubblicità di trattamenti o farmaci è altamente regolamentata, e la decisione di raccomandare un determinato percorso terapeutico spetta quasi esclusivamente al medico curante. In altri, invece, il marketing medico è molto comune, se non aggressivo (es. negli Stati Uniti). Anche se in questi casi devono essere inseriti alcuni disclaimer, spesso non sono sufficienti a soddisfare i requisiti di un vero consenso informato.
Nel sistema medico tradizionale, con un "percorso di accesso" ben definito (es. tramite i medici), è possibile essere molto restrittivi con ciò che può essere comunicato pubblicamente. Ma nel caso della crioconservazione, questo percorso non esiste. Evitare del tutto la comunicazione pubblica significherebbe che molte persone che potrebbero fornire pieno consenso informato non verrebbero mai a conoscenza dell’argomento — il che può essere problematico anche da un punto di vista etico.
La comunicazione pubblica/marketing porta più persone a scoprire l’esistenza del tema, il che è ovviamente necessario per poter poi valutare pro e contro e prendere una decisione consapevole. Alla fine, le organizzazioni devono trovare un equilibrio tra troppa o troppo poca comunicazione pubblica.
Sebbene una certa comunicazione pubblica/marketing sia probabilmente necessaria, permessa o addirittura positiva, i fornitori di servizi di biostasi dovrebbero trattare l’argomento con cautela. Devono prestare particolare attenzione a evitare un linguaggio o messaggi che possano generare un falso senso di certezza rispetto alle probabilità di successo della crioconservazione e di una futura rianimazione.
Struttura organizzativa
Una volta che una persona ha firmato per essere crioconservata dopo la propria morte legale, è compito dell’organizzazione garantire che il paziente rimanga in criostasi per un periodo indefinito, fino a quando (e se) sarà possibile in futuro invertire il processo e ripristinare la vita. Sebbene il paziente debba contribuire a garantire stabilità e sicurezza — ad esempio assicurandosi che tutti i documenti siano in ordine (contratto di crioconservazione, ecc.) —, come nel caso del consenso informato, la responsabilità finale ricade sull’organizzazione.
Quattro fattori sono fondamentali per una struttura organizzativa responsabile:
- Lo stoccaggio dovrebbe avvenire esclusivamente tramite organizzazioni non profit. Le organizzazioni a scopo di lucro non sono strutturate per durare, potenzialmente, centinaia di anni, e possono garantire solo in misura limitata un allineamento continuo della missione.
- Dovrebbe esistere una struttura di governance ben pensata per garantire che gli interessi dei pazienti conservati siano rappresentati in modo equo. Questo allineamento e lo scopo dell’organizzazione dovrebbero essere fissati nello statuto in modo praticamente immutabile. Dovrebbe esistere un elenco dettagliato di requisiti per chiunque voglia essere coinvolto nella gestione. In particolare, tutti dovrebbero essere attivi nel campo della biostasi da molti anni, non avere interessi finanziari e, cosa più importante, essere iscritti essi stessi alla crioconservazione.
- Dovrebbe esistere un piano finanziario stabile e solido per garantire che l’organizzazione possa operare per decenni, secoli o oltre. Ad esempio, i fondi per mantenere la crioconservazione (principalmente costo dell’azoto liquido, personale, infrastruttura) dovrebbero essere coperti dagli interessi o dal rendimento di un fondo fiduciario per la cura dei pazienti investito in attività a basso rischio. Questo è necessario perché non si sa quando sarà possibile il risveglio, quindi i fondi devono essere disponibili per un tempo indefinito.
- Dovrebbe esserci una netta separazione tra operazioni quotidiane e conservazione a lungo termine. La tutela legale e la gestione dei fondi dei pazienti per la conservazione a lungo termine dovrebbero essere affidate a un’organizzazione appositamente creata che non svolge altre attività. Nella maggior parte dei casi, un trust o una fondazione sono le strutture più adatte.
R&D
Qualsiasi organizzazione che offra crioconservazione umana (o che sia coinvolta nel settore in qualsiasi forma) dovrebbe destinare risorse alla ricerca e sviluppo. Ciò include condurre, finanziare e promuovere la ricerca. Senza uno sforzo di ricerca massiccio, la rianimazione da crioconservazione umana non sarà mai possibile — o lo sarà solo se risultati scientifici non direttamente legati alla crioconservazione potranno essere impiegati anche in quel contesto.
La ricerca (e il consenso informato) possono essere il fattore determinante tra una crioconservazione umana moralmente molto problematica o addirittura sbagliata, e una moralmente neutra o addirittura positiva.
In base ai fondi disponibili, le attività di R&D dovrebbero includere alcuni o tutti i seguenti ambiti/tipi (alcuni temi non sono nettamente distinti):
- Tipo implementativo: implementazione di conoscenze mediche o criobiologiche esistenti nelle procedure di crioconservazione
- Tipo ingegneristico: sviluppo di tecniche di perfusione migliorate e nuovi metodi di raffreddamento per la stabilizzazione
- Ricerca applicata/traslazionale: miglioramento dei CPA con apritori della barriera ematoencefalica e ottimizzazioni per ridurre la tossicità
- Ricerca di base: nuove tecnologie di riscaldamento coerenti e uniformi, e nuovi approcci alla progettazione di CPA
Conclusione
Offrire servizi in ambito medico comporta sempre un’ampia gamma di considerazioni etiche e morali complesse. La crioconservazione umana rientra chiaramente in questa categoria. Le organizzazioni che offrono tali servizi devono agire coscienziosamente all’interno di binari molto stretti per poterlo fare in modo etico.
Tra queste linee guida, garantire il consenso informato è di gran lunga la più importante. Chiunque si iscriva alla crioconservazione deve comprendere chiaramente che il processo attualmente non è reversibile, non è chiaro se i danni potranno essere riparati in futuro, né se o quando sarà mai possibile riportare qualcuno in vita dalla criostasi.
Esistono altri requisiti importanti, ma se seguiti con attenzione e rigore, gli autori sostengono che offrire la crioconservazione umana oggi sia moralmente ammissibile, se non addirittura giustificabile.
Conflitto d'interessi
Gli autori dichiarano i seguenti conflitti di interesse: EFK ha fondato una fondazione di ricerca sulla crioconservazione non profit (European Biostasis Foundation) e un fornitore di crioconservazione (Tomorrow Bio), dove ricopre anche il ruolo di CEO. RZ ha precedentemente lavorato presso un fornitore di crioconservazione (Tomorrow Bio) e co-gestisce una community online. Entrambi sono inoltre iscritti alla crioconservazione.